I MINORI
Il termine minori, comprende tutte quelle persone che si trovano nella fascia di età che va dai 0 ai 18 anni, che normalmente viene considerata come "età evolutiva". In questo periodo della vita vi sono numerosi cambiamenti, sia a livello fisico, sia a livello psicologico. Seppure entrambi in età minorile, un bambino di 1 anno non è assolutamente paragonabile ad un adolescente diciassettenne, considerando i livelli di capacità , risorse , e bisogni acquisiti o propri. In genere vi è una sottovalutazione delle capacità dei bambini fino ai tre anni, infatti si tende in questa fase a considerare il bambino come completamente dipendente da un'adulto, in quanto è ritenuto privo di comprensione, autocontrollo e di una propria moralità. Il mondo adulto inizia a considerare le capacità del bambino dal momento del suo ingresso nella scuola elementare, nella quale si richiedono specifiche prestazioni di tipo cognitivo: ecco allora che è in questa fase che l'adulto valuta il bambino attraverso le sue "capacità di ragione", modificando quindi anche le aspettative nei loro confronti. Emerge un'idea del bambino visto come "adulto in miniatura" e non di un soggetto con bisogni peculiari rispetto agli adolescenti; la situazione appare diversa, perchè la conflittualità intergenerazionale porta ad evidenziare quelli che sono gli aspetti che differenziano un adolesente dall'adulto, come: il modo di vestire , il modo di parlare , le abitudini...
L'idea che ad ogni età corrispondano caratteristiche e bisogni differenti da quelli di un adulto è una conquista recente della nostra società. Il primo ad introdurre quest'ideologia fu Jean Jacques Rousseau,che nell'eta dell'Illuminismo affermò la convinzione che il bambino fosse fondamentalmente buono, e che fosse compito degli educatori predisporre le condizioni perchè potessero emergere tutte le sue potenzialità.
Più in generale, possiamo affermare che la valutazione dell'infanzia,in relazione all'età adulta cambia, in base alla società e al periodo storico e culturale in cui noi ci troviamo.
Dall'inizio del secolo ad ora vi è stato un ampliamento di conoscenze nei confronti del bambino, vi è una maggiore "cultura dell'infanzia" dovuta alle ricerche psicologiche, pedagogiche e sociologiche, che hanno avuto paricolare importanza; tuttavia emergono alcune contraddizioni relative al rapporto tra società e minori che contraddistinguono la nostra epoca:
Quali
sono i bisogni del minore?
Il bambino in questa fascia di età (0-2 anni) viene considerato come
un animaletto a cui devono essere garantiti i bisogni fisici di alimentazione
e protezione ma che dispone di poche capacità di adattamento; ma la psicologia
contemporanea ha messo in evidenza le caratteristiche innate che il bimbo esprime
nella sua interazione con il mondo. Il bambino presenta una predisposizione
istintiva a stabilire rapporti con gli altri già a partire dai 3 mesi
differenzia una gestalt visiva e risponde ad essa con una forma di sorriso sociale.
Il primo rapporto significativo è con la figura con cui stabilisce un
legame di attaccamento, principalmente la madre, successivamente strutturerà
quindi un senso di fiducia o di sfiducia (Erikson) nei confronti del mono esterno.
Successivamente i rapporti sociali si ampliano, ma l'interesse per il rapporto
con le altre persone nel primo anno di vita è soprattutto in funzione
dei propri bisogni, perchè vi è ancora una limitata capacità
di considerare l'altro per quello che è. Si sviluppano i primi legami
affettivi.
Inizialmente il bambino non percepisce la distinzione tra sè e la madre: il processo che porta alla separazione della madre è l'individuazione. I legami di attaccamento si evidenziano nelle risposte comportamentali del bambino quando questa persona è presente (benessere ricerca il contatto) e quando questa persona è assente (dispiacere, pianto angoscioso, comportamenti di ricerca). Soltanto dopo i 18 mesi il bambino comincia a rappresentarsi mentalmente l'esistenza della figura d'attaccamento ,indipendentemente dalla sua presenza, e questo anche grazie allo svilupppo delle capacità cognitive. Con lo sviluppo contemporaneo, della memoria, il bambino stabilisce dei legami affettivi, anche con persone con cui entra frequentemente in contatto. In questo periodo lo sviluppo dell'intelligenza è legato all'uso di schemi percettivi e motori, il bambino utilizza la sensorialità e il movimento per ostruire iniziali chemi interpretativi della realtà che progressivamente si coordinano e si affinano.
A partire dai 12 mesi, con la conquista della deambulazione, il bambino amplia le sue capacità di esplorazione del mondo circostante. Verso i 18 mesi compare la fase simbolica o rappresentativa del pensiero, si presenta la capacità di nominre oggetti o situazioni indipendenti dalla loro presenza .
Il linguaggio è inizialmente ristretto all'olofrase in seguito a due parole accostate senza legami grammaticali ma capaci di comunicare il significato completo.
I bisogni della prima infanzia si riconnettono maggiormente a :
Il soddisfacimento di bisogni primari: mangiare, dormire, l'essere puliti, la creazione di routines (non solo per il significato fisiologico ma perchè tramite le attività di accudimentosono trasmessi scambi affettivi si interagisce con il mondo esterno) si pone una prima diversificazione tra realtà oggettiva e soggettiva, perchè il bambino inizia ad associare tra loro i significati di spazio-tempo.
Il bisogno di affetto e di attaccamento: la presenza di una figura significativa che operi con funzioni di filtro e protezione contro le aggressioni del mondo esterno e di contenimento affettivo risulta di fondamentale importanza per la strutturazione di un rapporto affettivo. Il modo nel quale si strutturano le prime relazioni avrà un significato importante per l'evoluzione della personalità del bambino, per la costruzione dei rispettivi rapporti sociali; per le possibilità che fornisce di essere una base sicura per affrontare eventi e situazioni poco note .
Il bisogno di esplorare e di giocare: le prime attività di esplorazione riguardano se stessi, la madre, gli oggetti, lo spazio che progressivamente con la maturazione delle abilità motorie può raggiungere. Non solo tutto questo ha una valenza di tipo cognitivo, ma è legata alla progressiva conoscenza delle figure d'attaccamento, alla fiducia che il bambino acquisisce sulle sue capacità. E' necessario, in questo periodo, fornire una serie di stimolazioni sensoriali che siano nuove per favorire la curiosità nel bambino, ma anche sufficientemente note per essere assimilate. La possibilità di agire sul mondo esterno dovrà essere favorita, permettendo al bambino di manipolare, spostare, giocare con oggetti di varie dimensioni.
La seconda infanzia:
Il bambino in età prescolare (2-6anni) si rivela come un bambino che tende ad essere sempre più indipendente ed autonomo. Aumentano le sue capacità motorie, sia di motricità globale, sia di motricità fine, è in grado di spostarsi con facilità, di farsi comprendere attraverso il suo linguaggio ormai corretto, di conoscere il suo corpo, con le sue proprie caratteristiche ed abilità che lo contraddistinguono dagli altri. La capacità di rappresentazione mentale permette lo stabilirsi di un rapporto tra significato ed oggetto correlato. Questo consente al linguaggio di staccarsi dalla realtà oggettiva per pensare anche a dei concetti astratti, tramite il "gioco simbolico", oggetti con altri oggetti che li rappresentano. Il pensiero è ancora dominato dalla percezione, predominando sugli altri aspetti logici: il pensiero non è ancora reversibile, per cui le esperienze sono rievocate solo nella sequenza d'ordine cronologico (unilateralità cognitiva); il pensiero è fortemente condizionato, in questa fase, dall'EGOCENTRISMO (eccessiva centrazione sul proprio Io)e dal REALISMO (l'incapacità di differenziare la realtà oggettiva da quella soggettiva).
Questo porta a forme di animismo, di pensiero magico, di artificialismo, di finalismo. Le competenze linguistiche diventano sempre più elaborate. La vita emotiva diventa sempre più complessa, perchè il bambino amplia la gamma delle esperienze e delle capacità di comprensione del mondo esterno e anche di se stesso. Intorno ai 2 anni in relazione alle esperienze legate al controllo sfinterico (fase anale) si presentano sentimenti di dubbio relative alle capacità di controlo del proprio corpo e di vergogna nel caso l'atteggiamento educativo dei genitori sottolinei queste incapacità. Contemporaneamente si verifica la cosidetta fase di "opposizione", il bambino utilizza il "NO" come forma di rivendicazione della propria autonomia, ma in questo si oppone alle richieste dei genitori e deve affrontare le emozioni emergenti da entrambe queste situazioni. Verso i 3 anni, con l'insorgenza del complesso di Edipo, compaiono una serie di sentimenti di conflittualità quali: rabbia, rivalità, invidia, aggressività e amore, nei confronti del genitore dello stesso sesso e di entimenti di desiderio e possessività nei confronti del genitore del sesso opposto. La risoluzione del complesso edipico si attua attraverso l'identificazione con il genitore dello stesso sesso,processo che porterà ad una prima identità sessuale ed all'introiezione delle regole morali. In questo periodo sono molto frequenti le fantasie legate alla sessualità.
Si amplia anche la gamma delle relazioni sociali del bambino: al rapporto prevalente con la madre si agguinge la relazione con la figura paterna e con gli altri familiari. Progressivamente iniziano ad avere un ruolo importante anche altre figure di adulti che vengono prese come figure di riferimento, e i coetanei: questi ultimi vengono sempre più spesso ricercati per giocare, parlare e divertirsi insieme. Si verificano spesso liti, discussioni, comportamenti aggressivi, ma aumentano progressivamente i rapporti di cooperazione. Sperimentando la propria autonomia il bambino tende all'esplorazione continua dell'ambiente circostante dimostrando una notevole curiosità per quanto lo circonda. Comincia ad interpretare per gioco una serie di attività dimostrando spirito di iniziativa anche se a volte può trasgedire le norme stabilite e questo può far comparire sensi di colpa.
I BISOGNI PREVALENTI DELLA SECONDA INFANZIA:
Il bisogno di gioco e di scoperta: il gioco è l'attività fondamentale dei bambini ,che non significa "perdere tempo" ma è un'attività che in essa ingoba più sfere: processi cognitivi, affettivi e sociali. A partire dai due anni le capacità fisiche e cognitive permettono il gioco con i coetanei e questo permette ai bambini di allargare il campo delle esperienze in quanto si suggeriscono nuovi modi d'interpretare "far finta di.." (gioco simbolico) favorendo l'aspetto cognitivo; i conflitti, i disaccordi, che si possono presentare influenzano le abilità sociali, aiutando il superamento dell'egocentrismo. La scoperta dell'ambiente che lo circonda, della natura, della realtà umana e culturale che lo circonda, gli permette d'impossessarsi di una serie di concetti spontanei.
Il bisogno di autonomia e di iniziativa: il bambino pretende di fare da solo, di essere autonomo, è un suo legittimo desiderio. Dunque il ruolo dei genitori e degli educatori sarà quello di fare da mediatori tra le esigenze di autonomia, i limiti, e le regole che devono essere imposti come necessari al benessere personale e familiare del gruppo. Il bisogno si esprime maggiormente attraverso "il fare per il fare" vale a dire che il bambino non è tanto interessato al risultato finale dell'attività che intraprende, ma all'attività stessa. Il movimento è il presupposto necessario perchè quest'attività si realizzino ed in effetti in quest'età i bambini non sono mai fermi.
Bisogno d'interazione con i coetanei: l'interazione sociale si amplia ad altre figure di adulti significativi, vi è un attenzione particolare allo stare insieme con i coetanei, soprattutto all'interno di un'attività comune come il gioco. Lo stare insieme favorisce lo sviluppo dei processi cognitivi, delle relazioni emotive, e pone le premesse per le prime conoscenze relative all'identità e ai ruoli di genere.
I minori stranieri non sono di per se stessi soggetti a rischio di disagio: lo divengono perchè il processo d'integrazione all'interno di un Paese nel quale sono immigrati, si rivela denso di problemi e, in alcuni casi, fallimentare.
Il processo d'integrazione
pone un problema difficile da affrontare sia per il minore, sia per la società,
ed è riconducibile all'incontro/scontro tra le diversità culturali,
tra modelli di vita educativi, tra richieste sociali differenti, tra modi diversi
di concepire e agire i ruoli familiari e sociali.
L'insieme di tutti questi
elementi ci conduce alla definizione di IDENTITA' ETNICA;
Identità etnica = è l'insieme delle caratteristiche proprie di un soggetto che fanno identificare quella persona per quella che è in realtà, caratteristiche riguardanti la propria persona come le proprie origini: l'insieme di lingua, cultura, religione, razza, tradizioni, modo di vivere.
I soggetti scoprono la loro identità etnica soprattutto qundo si trovano a dover vivere i mutamenti che li mettono in contatto con culture e tradizioni di altri popoli: queste differenze vengono prese come estranee, diverse, sostanzialmente non condivisibili; sono le premesse per forme di separazione e di esclusione. Per i bambini immigrati questo fenomeno è carico di ambiguità, perchè è ambiguo il rapporto tra il paese d'origine e il paese d'arrivo. Soprattutto nella fase di socializzazione secondaria i minori stranieri entrano in contatto con proposte d'identità diverse provenienti dalla comunità d'arrivo: essi si devono confrontare con essa in una prospettiva di assimilazione e acculturazione, ma si devono confrontare anche con l'insieme degli stereotipi e pregiudizi relativi alla loro identità e che vengono proposti alla comunità che gli accoglie. Così i bimbi si trovano di fronte a scelte che causano disagio, scegliere l'identità etnica proposta dai genitori che però appare riproducibile nell'attuale ambiente di vita, oppure alla proposta dalla comunità d'arrivo basata prevalentemente o sulla discriminazione o su aspetti astorici e folcloristici. Molti studiosi, ritengono che sia proprio la seconda generazione di immigrati quella che paga maggiori costi psicologici all'immigrazione, senza riuscire ad ottenere benefici come succede nellegenerazioni successive.. Ne deriva una situazione di forte disagio che spesso gli immigrati non sono in grado di affrontare e che non presenta facili soluzioni alternative.
La scoperta del mondo extra-familiare percepito come pericoloso, minaccioso, e nello stesso tempo carico di fascino e attrazione, innesca facilmente conflitti tra la famiglia e la società: conflitti sul ruolo che i figli devono avere all'interno della famiglia, conflitti rispetto alla visione dei valori, al ruolo della donna, ai metodi educativi. La stessa esperienza scolastica è un importante momento di socializzazione, e può innescare processi di confronto, di valutazione, di marginalizzazione. Il bambino straniero può scoprire che ciò che ha appreso in famiglia (i valori che ha assorbito, la lingua usata...) hanno un valore inferiore rispetto all'ambiente scolastico, e questo può condurre ad una svalutazione della stessa famiglia.
Anche in altre situazioni esistenziali significative per la definizione dell'identità emerge il ruolo dell'identità etnica: le relazioni con il gruppo dei coetanei,l'innamoramento, l'inserimento lavorativo.
-la ricerca di amicizie solo all'interno del gruppo di connazionali,
-la riduzione al minimo necessario dei momenti di scambio e di confronto con l'esterno,
-la rivalutazione e la rivendicazione di aspetti peculiari della propria tradizione.
Purtroppo la resistenza culturale porta in sè anche il rischio della ghettizzazione o della rivendicazione nei confronti del contesto sociale, del rischio di esclusione o di opposizione dai processi di cambiamento, del sentirsi sempre e comunque "stranieri".
Maltrattamento e abuso nell'infanzia:
Il maltrattamento nell'infanzia si presenta in modi diversi come: violenza fisica, emozionale, o l'abuso sessuale; sia perchè si può manifestare come conseguenza di "mancanze" come ad esempio la mancanza di cure adeguate, tipica della trascuratezza. La caratteristica che accomuna i diversi tipi di maltrattamento è data dalle gravi conseguenze sul piano fisico-psicologico del minore, che vanno direttamente a compromettere la sicurezza del bambino, il suo equilibrio emotivo, il suo sviluppo psico-relazionale, la stima di se nel presente e nel futuro ruolo sociale. Il maltrattamento va considerato come una situazione le cui conseguenze si prolungheranno in un lungo periodo, intaccando la successiva possibilità dell'adulto maltrattato nell'infanzia di stringere legami affettivi stabili e di svolgere un competente ruolo genitoriale.
Intervenire per bloccare forme di abuso e di maltrattamento è d'importanza essenziale sia per la sopravvivenza fisica del bambino, sia per il suo successivo sviluppo. Un bambino maltrattato ha bisogno di un intervento terapeutico esterno, l'accertamento considererà i seguenti elementi:
Le lesioni, conseguenza di un maltrattamento fisico, debbono essere distinte da quelle derivanti da un incidente. Normalmente i genitori o gli adulti attribuiscono ad incidenti imprevedibili le lesioni riportate dal bambino, ma vi sono alcuni elementi che possono risultare indicativi: il ritardo nel cercare l'aiuto medico, il racconto vago, povero di dettagli, variabile da persona a persona rispetto a quanto fosse accaduto, possono far insospettire. Occorre porre attenzione all'atteggiamento del bambino e dei genitori: i bambini che si rifiutano di farsi controllare oppure che nascondono lividi o lesioni eccessivamente impauriti ed oppositivi...
I comportamenti dei genitori, specie la madre, ostile, che nega l'accaduto o l'evidenza, oppure depressa o senza alcun senso di colpa per quanto successo, non adeguata nella reazione emotiva rispetto all'accaduto ed alle condizioni del figlio, sono ulteriori indicatori. Se si conosce la storia della famiglia, del bambino, i precedenti incidenti o ricoveri, i maltrattamenti già diagnosticati per altri fratelli, o atti di violenza intrafamiliare costituiscono elemento di grave rischio.
Chi si occupa del bambino o del ragazzo individua segni che si riferiscono principalmente alla cute: ecchimosi, ematomi multipli, abrasioni, che sono a diversi gradi di guarigione e ad impronta, arrossamenti, ferite, graffiature, magari lineari e multiple localizzate nel capo, collo, braccia, avambracci, e schiena, interno delle cosce, o ai genitali. Soprattutto se sono ricorrenti, questi segni devono essere seriamente valutati. Le lesioni al capo sono molto frequenti, nei casi di maltrattamento costituiscono la principale causa di morte per abuso fisico.
Trascuratezza grave:
Questa forma di maltrattamento costituisce il quadro più frequente nel nostro Paese, sia come unica componente dell'abuso, sia frammentista di forme di violenza fisica e sessuale. Il quadro clinico presenta gradi diversi di alterazioni dello stato generale, ritardi nell'accrescimento dello stato staturo-ponderale e dello sviluppo psicomotorio, alterazione del comportamento, più o meno associate a segni esteriori di carenze di cura come scarsa igene, inadempienza all'obbligo scolastico... Le alterazioni del comportamento s'incontrano anche nei bambini gravemente trascurati, essendo pressochè impossibile che un grave quadro di trascuratezza o deprivazione non comporti anche un maltrattamento emozionale conseguente alla mancanza di cure amorevoli da parte dei genitori.
I ritardi o arresti nella crescita possono comportare quadri clinici differenti, in taluni soggetti si può assistere ad una vera e propria denutrizione. Le carenze nutrizionali si manifestano con frequenti episodi infettivi intercorrenti e condizioni generali compromesse, tanto da richiedere frequenti consultazioni mediche e ricoveri per accertamenti.
Maltrattamento emozionale e psicologico:
Maltrattamento emozionale psicologico=deficit dello sviluppo psicomotorio e turbe del comportamento. Nei casi estremi il ritardo nello sviluppo può essere talmente accentuato da comportare un quadro drammatico, in cui il bambino appare totalmente apatico, in posizione fissa, indifferente a quanto gli accade intorno. Più frequentemente nella prima infanzia si assiste a quadri di scarso tono muscolare generalizzato con difficoltà nella motricità, ritardi nell'acquisizione psichiche, nel linguaggio, e nel controllo degli sfinteri. Il quadro clinico migliora quando il bambino viene allontanato dalla famiglia, a patto che la forma non sia già evoluta nei quadri più seri ed estremi. I disturbi delle condotte si presentano in genere molto precocemente; i genitori raccontano che il bambino è sempre stato irritabile fin dai primi giorni, con difficoltà a mantenere i ritmi di ita regolari. Questi bambini tendono ad evitare il contatto fisico con i genitori, persino a quello visivo, evitando ogni tipo di sguardo. Il bambino controlla ogni sua attività motoria, verbale, relazionale, evitando d'inviare messaggi che possono turbare e irritare il genitore. Alcuni bambini tendono a ricercare avidamente il contatto con altri adulti, apparendo superficialmente socievoli e gratificanti per il personale che abbia l'incarico di occuparsi saltuariamente di loro. L'evoluzione successiva può presentare due quadri apparentemente opposti: il primo dell'agitazione, dell'iperattività, opposizione e aggressività, il secondo della depressione, apatia e passività, fino a quadri che evocano l'autismo.. Si associano gravi alterazioni della defecazione, e minzione, problemi comportamentali con crisi di aggressività, irritabilità, comportamenti antisociali e devianti. Gravi ritardi nel linguaggio, nell'apprendimento, e nelle performance intellettive.
L'abuso
sessuale:
Con il termine abuso sessuale ci si riferisce a quell'insieme di situazioni
in cui viene coinvolto in attività sessuali un soggetto minorenne,
al quale manca, a causa dell'età, la consapevolezza delle proprie azioni
e la capacità di scegliere. L'eventuale consenso del minore non
va considerato per un eventuale attenuazione della gravità dell'atto,
perchè non può trattarsi che di un consenso ambiguo e mistificatorio.
Infatti, per poter parlare di consenso è necessario che il soggetto
abbia una conoscenza di ciò che sta per fare e di tutte le sue relative
conseguenze ed implicazioni, e che ci sia la libertà interiore per
autodeterminarsi. Nei bambini queste due condizioni non possono esserci perchè,
anche se c'è una conoscenza intellettiva di ciò che si sta per
fare, non c'è la capacità di gestire le proprie pulsioni affettive,
e manca la capacità di sottrarsi alle pressioni fisiche e psicologiche
dell'adulto, soprattutto se si tratta di un familiare. L'abuso è un
fenomeno che investe tutte le fasce sociali: sia l'abusante, sia la vittima,
possono appartenere ad una famiglia qualsiasi; con l'unica differenza che
in una famiglia degradata o debole è più facile rilevare indicatori
di abuso.
Sono colpiti indifferentemente maschi e femmine, anche se vi è una
netta prevalenza di bambine, di sempre più giovane età.
In relazione a come si presenta il fenomeno e in quale contesto avviene vi
possono essere delle implicazioni psicologiche differenti.
-Abuso extrafamiliare da parte di un adulto
-Abuso extrafamiliare da parte dei coetanei
-Abuso sessuale da parte di genitori
-Abuso sessuale da parte di altri prenti
-Abuso con immissione nei circuiti economici della prostituzione e della pornografia.
I bambini vittime di violenze sono accomunati, in genere, dalla scarsa attenzione del nucleo familiare, dalla cattiva comunicazione tra i suoi membri. Sono bambini con un forte desiderio di affetto, che non viene adeguatamente soddisfatto, e accettano la complicità e il segreto come una prova di fiducia e di affetto; non sono in grado di distinguere una "carezza e un bacio buoni" e quelli "non buoni". Nei casi di sfruttamento sessuale di gruppi di bambini, certamente il degrado sociale e culturale è tale che il bambino vive una vita misera e di stenti, accetta qualsiasi prestazione pur di avere un po'di soldi da poter spendere: in questi casi i bambini non solo sono considerati oggetti, ma una vera e propria merce.
Se l'abuso avviene in famiglia il problema principale che si presenta è il silenzio e l'omertà che il sistema familiare erige intorno alla situazione e che permette all'abuso di continuare. Le violenze familiari sono le più frequenti e anche le più lesive per la personalità perchè compiute da persone amate e affettivamente importanti per il bambino.
Le conseguenze psicologiche: le reazioni alle violenze e alle sopraffazioni (soprattutto all'interno della famiglia) non sono di rifiuto e di difesa: il bambino non ha ancora una personalità strutturata, in grado di opporsi al desiderio degli adulti, specialmente se con questi adulti vi sono vincoli di affetto o di dipendenza emotiva. Secondo un processo denominato "identificazione con l'aggressore" il bambino ha bisogno di mantenere una figura idealizzata dell'adulto a cui è affettivamente legato, nonostante la realtà ne dimostri invece la crudeltà. Il bambino maltrattato giunge a giustificare i comportamenti del genitore come "giuste punizioni alle sue colpe", fornendo dei motivi per essere picchiato al fine di poter mantenere l'immagine idealizzata di una genitore "buono" o per lo meno "giusto". In questo modo invece di rispondere con dispiacere o rabbia, egli attiva dei meccanismi di identificazione: l'identificazione e l'introiezione dell'aggressione stesso. L'attivazione dei meccanismi di difesa colloca l'evento da una dimensione extrapsichica ad una dimensione intrapsichica, dove è possibile allucinarla e conferirle delle caratteristiche che la realtà non ha; ad esempio la tenerezza e l'amore. L'introiezione con l'aggressore comporta anche l'introiezione del suo senso di colpa: ora è il bamnbino stesso che si sente in colpa per quanto è avvenuto, e questo sentimento è aggravato dal fatto che non vi è nessuno con cui condividere la situazione e che possa aiutarlo. Per questo vi è un blocco evolutivo, regressioni a stati evolutivi precedenti, come tentativo di negare una realtà dolorosa e rivivere una situazione di maggiore felicità: carenze nel carattere, arresto di sviluppo, malattie psichiche, sono conseguenze frequenti dell'abuso.
Un'altra tendenza verificabile nei soggetti che hanno risposto all'abuso sessuale con l'identificazione è lo sviluppo di facoltà e attitudini che erano allo stato latente. In questi casi si presenta una precocità sessuale che in certi casi può essere considerata un segnale rivelatore dell'avvenuto abuso. Può anche innescarsi un meccanismo di coazione a ripetere l'abuso: infatti per sfogare gli impulsi aggressivi connessi all'abuso o al maltrattamento, e rimossi nell'inconscio, si tende a ripetere attivamente sugli altri la stessa azione.
Interventi di sostegno alla genitorialità:
Agire sulla funzione genitoriale ha il significato di una prevenzione su tutta una serie di fenomeni che possono interferire con lo sviluppo del successo scolastico e personale dei bambini.
L'intervento è prevalentemente quello della prevenzione primaria del rischio, indirizzato a quei momenti della vita che per la loro criticità e complessità mettono a prova la stabilità individuale e familiare:
-la scelta della maternità/paternità: in questa fase si lavora con il genitore per portare a galla quali sono le sue convinzioni riguardo al bambino, al rapporto con lui, su come le aspettative fantastiche debbano essere ricondotte ad un piano di realtà e di rispetto del bambino, su come la nascita influenzerà la condizione della coppia e della famiglia.
-la nascita e i primi anni di vita del bambino: in questa fase gli interventi sono informativi-formativi e volti a far prendere consapevolezza sull'importanza delle prime tappe evolutive, sui bisogni del bambino, e su come le pratiche educative diano una risposta a tali bisogni. La riflessione allora incrocerà le conoscenze psicologiche e mediche con le osservazioni che i genitori riportano relativamente alla coerenza e continuità degli atteggiamenti educativi, alla disponibilità alla relazione, ai rapporti con le altre realtà educative.
-l'adolescenza:
in quanto è una fase complessa della vita dell'individuo, in cui si
stanno strutturando la sua identità personale e sessuale, le modalità
del rapporto con l'altro sesso, e un percorso di scelte autonome. In questo
caso saranno coinvolti, non solo i genitori alle prese con i problemi tipici
dei figli adolescenti, ma anche agli stessi ragazzi.
Interventi e servizi per la prima infanzia, con le famiglie:
Si tratta di servizi sorti all'interno dei tradizionali servizi per l'infanzia (asili nido) con l'obiettivo di dare una risposta più flessibile a esigenze emergenti.
Pur con una certa diversità nelle proposte, questi servizi hanno in comune alcune caratteristiche:
-si configurano come luoghi di cura e di educazione con orari più ridotti e/o flessibili rispetto ai servizi tradizionali.
-prevedono la presenza simultanea,o per gran parte del tempo, di adulti e di bambini.
-accolgono prevalentemente bambini tra i 18 mesi e i 3 anni.
-si presentano come forme di sostegno alla genitorialità.
-cercano di far diventare protagonisti i genitori.
I servizi per i bambini e le loro famiglie articolano intorno alle attività di gioco gran parte della loro progettualità. Gioco inteso come strumento attraverso cui il bambino si esprime, comunica e apprende, come mezzo che l'adulto utilizza per entrare nel suo mondo immaginario, per condividere e orientare i processi di scoperta del mondo. Può essere un gioco solitario, o a due, del bambino con la sua mamma, di un piccolo gruppo o di un grande gruppo in cui i genitori possono essere o semplici osservatori o attivi partecipanti.
Un'altra attività è costituita dalla lettura di libri o la narrazione di storie: questo permette di porre il bambino in un rapporto precoce con un oggetto culturale. La lettura aiuta l'apprendimento della lingua, la capacità di tradurre pensieri in frasi articolate, stimola l'immaginazione, facilita la conoscenza del mondo e l'avvicinamento ad altri oggetti culturali. La capacità di comunicazione è tanto più importante nella nostra società che si presenta come società della comunicazione, in cui il possesso del codice scritto ed orale è un potente strumento d'interazione, d'integrazione sociale, e di potere. Il rapporto con il linguaggio articolato della narrazione è un mezzo per contrastare una precoce assimilazione del linguaggio frammentato e povero di lessico, tipico dei cartoni e dei fumetti. La lettura dell'adulto tarsmette, inoltre, un messaggio di disponibilità e di rassicuarazione affettiva che introduce importanti vissuti emotivi.
Un bambino stimolato
a ricordare, a ricostruire, invitato a immaginare sviluppi e conseguenze,
motivato a raccontare ciò che ha sentito o provato, avrà buone
probabilità di essere un bambino che parla utilizzando un lessico e
una sintassi adeguati, che sa articolare riflessioni personali, che è
motivato a leggere. Le attività di gioco e di narrazione e lettura
sono allo stesso tempo facili, perchè non richiedono attrezzature particolarmente
elaborate e difficili, poichè alla base della loro riuscita vi è
modo di stare con il bambino improntato alla disponibilità e all'ascolto;
i genitori che si sperimentano in tali attività hanno la possibilità
di confrontare il loro modo di stare con il bambino con quello di personale
più esperto; inoltre, le modalità di condivisione del tempo
utilizzate nel servizio sono facilmente riproponibili anche nel contesto domestico.